Una tigre di montagna



Leonardo da Vinci, Ritratto di Ginevra de' Benci, 1747 circa, dettaglio - immagine scaricata dal web



Mi piace inserire nei disegni dei miei foulards e delle mie sciarpe dei simboli e degli stilemi tratti dall'arte o dalle filosofie che più amo.
Un elemento che torna spesso nelle cose che amo disegnare è, ad esempio, il cartiglio. E che cosa sono i cartigli?

Beh, i cartigli compaiono nelle opere d'arte antiche, a volte fungendo come sorta di fumetti che recano un messaggio scritto (ad esempio le parole dell'angelo a Maria in un'annunciazione, per capirci), altre volte ad indicare qualche elemento fondamentale, e tuttavia non immediatamente esplicito, per la comprensione dell'opera.

Nel mio piccolo io, nei disegni per le mie stoffe, ne inserisco a profusione. Perché mi rimandano alle opere antiche, e anche perché mi ricordano le pieghe del Barocco di cui parla Deleuze nel famoso libro su Leibniz.

uno dei miei cartigli


Dovendo curare una presentazione del mio lavoro (qui un breve report della serata), recentemente ho cercato delle immagini che potessero documentare i riferimenti culturali e artistici della mia ricerca. Pensando ai cartigli me n'è venuto in mente subito uno particolarmente interessante e pieno di magia.

Il cartiglio di cui parlo reca la scritta: Virtutem forma decorat e si trova dipinto sul retro di un quadro famosissimo.

Sto parlando del ritratto di Ginevra de' Benci di Leonardo da Vinci, nota anche come la Gioconda americana, poiché è conservata alla National Gallery di Washington.

Non mi voglio avventurare in una spiegazione dettagliata dell'opera, che certamente meriterebbe uno studio profondissimo, ma solo raccontare un particolare molto affascinante.



Cariglio dipinto sul retro della "Gioconda americana" di Leonardo - immagine scaricata dal web


Pare che Ginevra fosse una poetessa. Le sue poesie purtroppo però sono andate perdute. Quasi tutte, tranne un unico verso.
Stiamo parlando della seconda metà del quattrocento (l'opera è quindi antecedente alla più nota Gioconda conservata al Louvre), siamo in pieno Rinascimento, l'epoca delle donne angelicate, dell'Orlando innamorato e di Pico della Mirandola. 
In quell'epoca la donna, è musa letteraria e spirituale. Come una creatura angelica e sollevata dalle incombenze terrene, veglia sugli uomini, li ispira. Ma sarà stato davvero così?


Per cominciare, Ginevra non era la musa di nessuno (o forse lo è stata di Leonardo, questo sì, e per fortuna, almeno per questo ritratto, così la storia ci è stata tramandata). Lei non era una musa, perché era lei stessa poeta. 



Il suo lavoro, è vero, è andato quasi del tutto perduto, ma di suo è rimasto un verso. Un unico, profondo, bellissimo verso, pieno di significato, che recita come segue:




Vi chiedo perdono
io sono una tigre di montagna



Ecco come la leggo io. 
In quel "vi chiedo perdono" del primo verso, c'è tutta la sensazione di incongruità tra l'immagine di noi come ci chiedono di essere, e quello che invece veramente sentiamo nella nostra anima.
Il secondo verso racconta invece quello che Ginevra percepiva davvero di essere, nel suo cuore. L'immagine è quella di una tigre, anzi di una tigre di montagna. Ovvero una creatura non addomesticata, feroce addirittura, solitaria, e selvaggia, e forte.


Trovo questa storia semplicemente fantastica.* Degna delle donne selvagge di cui parla Clarissa Pinkòla Estès.
Non potevo che dedicarle almeno un post, solo per Ginevra. E per tutte le donne che, come lei, non sono angeli, ma si sentono tigri di montagna, e sono poeti. 




*La storia di Ginevra de' Benci, e altre interessanti scoperte sul quadro sono da attribuire alla studiosa di storia dell'arte Carla Glori.