L'aura non c'è. Perché non mi è piaciuta la mostra di Jason Dodge da Noero

Opera di Jason Dodge tratta dal comunicato stampa della mostra - Courtesy la galleria e l'artista


Penso che quando una mostra è brutta, sia necessario che qualcuno lo dica. E uno dei privilegi di scrivere di arte senza fare più la curatrice è quello di poter essere sincera. 

Ieri ha inaugurato la mostra di Jason Dodge nelle due sedi espositive della Galleria di Franco Noero a Torino. Confesso di aver visto solo una metà della mostra, quella in piazza Carignano, perciò è di quella installazione site-specific che scrivo.

Jason Dodge è artista affermatissimo, riconosciuto in tutto il mondo, con alle spalle mostre in sedi prestigiose su e giù per i vari continenti. Tuttavia la mostra a me non è piaciuta.


Tralasciando per un attimo il comunicato stampa (un capolavoro di comicità involontaria che sembra scritto da un analfabeta funzionale moscovita e poi tradotto con Google translate. E che dovrebbe spiegare ma non ci riesce, forse perché nemmeno chi lo ha scritto aveva capito bene che cosa doveva scrivere), il risultato è nel complesso deludente.

In sostanza, l'installazione consiste in rifiuti di vario tipo cosparsi qua e là per le sale auliche della galleria. Punto.

Ok. L'unica speranza, pensavo visitando la mostra, è che la vera opera sia una performance: cioé che quello delle facce rifatte e tese delle persone che camminano in punta di piedi, in un antico palazzo del centro, attentissime a non pestare la spazzatura cosparsa sul pavimento, sia un effetto voluto. Ed in effetti le facce sono molto tese, sì, e non (solo) per il botulino. E tutti camminano con estrema attenzione, ma non per non sporcarsi le scarpe di Prada con i detriti sul pavimento. La ragione di tutta questa cura nel muovere i passi è un'altra. 
Fanno così perché all'ingresso si è fatto loro firmare un foglio in cui promettono di stare attenti a non rovinare tutta quella rubbish on the floor. E se per sbaglio dovesse succedere qualcosa... beh, sarebbe un bel guaio. Un po' come rompere il naso con lo scalpello alla Pietà di Michelangelo, per intenderci.

Sembra una gag comica, ma purtroppo questa non è una performance irriverente. Peccato. 

Sono io che non capisco? No. Non è che nella mia vita io sia digiuna di contemporaneo. Ho visto belle mostre anche estreme, concettuali, con ready made arte povera arte relazionale e chi più ne ha più ne metta. E le ho pure amate, tante volte (tante altre no). 

Qui però il vuoto rimbomba. Sono certa di non essere l'unica a pensarla così, ma un po' come capitava nella favola del vestito nuovo dell'imperatore, la cornice in cui la cosa è presentata, le referenze, l'ambiente, i personaggi, la situazione eccetera, rendono molto difficile ammettere che ciò che vediamo non ci piace o non ha senso. Sono certa che molti semplicemente non hanno il coraggio di dire ciò che pensano per non essere tacciati di pochezza intellettuale o di essere non abbastanza "cool". 
E non è tutto. 

Occorre fare attenzione, perché quello che è peggio, è l'effetto che inevitabilmente, oggi, questo tipo di eventi "culturali" porta con sé (o potrebbe portare con sé dal momento che, per fortuna, è altamente probabile che la mostra non sia poi visitatissima).

In tempi di elogio della mediocrità, di rabbia sociale e tutto il resto, a mio parere queste mostre veramente fanno danni morali. 
Queste cose portano a confondere la cultura con la "cooltura" e allora tutto si fa molto rischioso.

Mi spiego con parole semplici. Chi sapesse quanto costa quella spazzatura, s'indignerebbe. 
E finirebbe magari per buttare nello stesso pentolone le cose che non si capiscono perché non hanno nulla da dire, con tutto ciò che è annoverato sotto la categoria (vecchia) di "intellettuale" e viene di solito erroneamente percepito come ostico e incomprensibile. Quindi i film di Fellini e di Antonioni, o i libri di Queneau e di Joyce, o gli specchi di Pistoletto o altre cose difficili da comprendere, ma ricche di significato e di senso. 

Perché anche quelle opere meravigliose non si capiscono di primo acchito, e chi non ha gli strumenti per cogliere la differenza tra il nulla e qualcosa, può rimanere confuso, ribellarsi con ragione e poi finire per buttare il bambino, come si dice, con l'acqua sporca. O con la spazzatura, sul pavimento.