Damien Hirst a Venezia. La mostra dell'anno e la post-verità (Appunti per la Biennale I)


Damien Hirst, Demon with Bowl (Exhibition Enlargement)
Photographed by Prudence Cuming Associates 
© Damien Hirst and Science Ltd. All rights reserved, DACS/SIAE 2017

Nel panorama troppo spesso asfittico e depresso dell’arte contemporanea la mostra di Hirst mi sembra una bella boccata d’aria, una svegliata di cui forse c’era proprio bisogno. Lo ha detto Luca Beatrice da qualche parte e devo dire che in questo caso condivido in pieno la sua opinione.

Non vedo l’ora di visitare anch’io la mostra di Damien Hirst a Venezia, anche perché:

- Mi piace l’idea che l’arte sia fiction, consapevolmente finzione e racconto. Che sappia trascinare in un mondo altro mentre siamo consapevoli di ciò che sta accadendo. È ciò che Aristotele chiamava catarsi, cioè l’effetto della tragedia intesa come «mimesi di un’azione seria e compiuta in sé stessa la quale, mediante una serie di casi che suscitano pietà e terrore, ha per effetto di sollevare e purificare l’animo da siffatte passioni» (sono le parole di Aristotele nella Poetica);

Damien Hirst, The Warrior and the Bear
Photographed by Prudence Cuming Associates
© Damien Hirst and Science Ltd. All rights reserved, DACS 2017 


- Mi piace l’idea che l’arte torni alla bellezza, intesa anche come ricerca della forma. Occhio, non si tratta di esaltare la forma a scapito del contenuto, ma al contrario, e più ancora, di azzerare la distinzione tra l’una e l’altro. Non c’è contenuto senza forma, questo è il punto da approfondire (cosa che vale anche per chi lavora “creando contenuti” qua e là in giro per il web! Ndr);

- Mi piace l’aspetto vagamente barocco dell’insieme. La ricchezza dei dettagli, dei particolari, la ricercatezza appunto delle forme e la monumentalità, sia di alcune opere, sia dell’allestimento in sé, nel suo mimare i musei di antichità. Insomma, ne viene fuori una specie di barocco pop, così sembra. E a me ricorda tanto, per il gusto, Federico Fellini. Anche lui vero artista e creatore di mondi;

- Infine, mi piace perché ultimamente sono catturata da letture sull’arte barocca, che trovo fantastica e molto attuale soprattutto a livello concettuale. Come letture intendo Deleuze su Leibniz e Walter Benjamin sul dramma barocco tedesco. C’è una ricchezza inestimabile di cose da scoprire tra le pieghe di quelle pagine…





Damien Hirst, Hydra and Kali Discovered by Four Divers
© Damien Hirst and Science Ltd. All rights reserved, DACS/SIAE 2017
Photographed by Christoph Gerigk



PS.
Per chi non sapesse di che cosa sto parlando, Damien Hirst ha inagurato da poco una mostra di grandi dimensioni ospitata da Palazzo Grassi e Punta della Dogana a Venzia. La mostra si articola intorno a un vero e proprio plot narrativo, una storia, che si presenta come vera: il ritrovamento di un antico veliero affondato tanti anni fa al largo dell’oceano, carico di una preziosissima collezione antica.
Tutto, nella mostra, si muove tra finzione e realtà, restando in bilico come un sapiente equilibrista sul suo filo. Ma si tratta di uno stare in bilico soltanto apparente. Pensiamoci un attimo. Qui si narra una storia come se fosse vera, chi assiste alla narrazione un po’ ci crede, un po’ no. Ma non accadeva così quando anticamente si tramandavano oralmente le favole e le antiche leggende?
Il problema – molto filosofico a dire il vero – non è cosa sia vero e che cosa sia falso. E nemmeno che cosa significhino rispettivamente i due termini vero e falso.
Il problema è che la verità dell’arte, il suo dire il vero, non si trova nella veridicità del suo racconto, nel senso dell’aderenza alla realtà dei fatti di quanto viene narrato, bensì, proprio come accade nelle favole o nelle leggende, nella sostanza concreta delle reazioni che suscita, nell’eco immaginativo che lascia, nella profondità – come quella degli abissi – del racconto che si narra.

Per dire: secondo voi il mito di Edipo narra fatti realmente accaduti oppure no? Certo che no, se pensiamo alla storia in termini letterali, ma assolutamente sì (altroché!) se pensiamo al senso del racconto così come lo ha interpretato per esempio Freud. Così stanno le cose: i miti a volte dicono la verità, mentre altre volte una verità troppo letterale a volte si rovescia nel suo contrario, e diventa ingannevole e pericolosa.

Damien Hirst, The Severed Head of Medusa
© Damien Hirst and Science Ltd. All rights reserved, DACS/SIAE 2017 
(Photographed by Prudence Cuming Associates)

Però, a pensarci è proprio strano il tempo in cui ci tocca di vivere. Oggi capita che l’arte, affabulando, racconti il vero tramite un racconto di fantasia, mentre altrove una cronaca troppo rigidamente letterale e dogmatica rischia di produrre l’inganno e finisce per farsi gioco persino del sapere scientifico, avvallando teorie strampalate. 
Forse la post-verità, quella che inganna, tra le altre cose, ha proprio queste caratteristiche: è talmente rigida che perde in senso, e in contatto con la realtà dell'hinc ed nunc. E a farci pensare a questa cosa è proprio un'opera d'arte. 
Non è curioso? 



(psst... l'articolo di Luca Beatrice che ho citato prima lo trovate a questo link)