EMIL LUKAS. Il viaggio nel tempo dell’arte

di Maria Cristina Strati

Emil Lukas (Pittsburgh, U.S.A., 1963) è un artista americano in ascesa sul panorama internazionale, il cui lavoro appare ricco di particolare fascino e intensità. Tra le mostre da lui realizzate di recente sono da ricordare le importanti personali in America presso lo Hunderton Museum, nel New Jersey, e in Europa presso la galleria di Gian Enzo Sperone in Svizzera. In Italia suoi lavori sono stati esposti in una bellissima mostra a Torino, da Photo & Contemporary da novembre 2010 fino a gennaio 2011. Nella primavera del 2011 una sua importante personale è poi prevista presso la prestigiosissima sede del
la galleria di Sperone Westwater a New York.














Opere di Emil Lukas sono inoltre parte di collezioni di grandissimo pregio a livello internazionale, come la Guerlain Foundation of Contemporary Art, la Collezione Panza Di Biumo, quella del Museum of Modern Art di San Francisco e molte altre di pari importanza in diverse parti del mondo.
L’attenzione che il lavoro di Lukas sta attirando su di sé in questi mesi appare del tutto meritata. La sua ricerca si presenta infatti come tra le più interessanti nell’attuale panorama internazionale. Le opere sono delicate ed eleganti, ma mai fredde: bensì intensissime e dense di rimandi, ogni volta capaci di coniugare in maniera armonica l’aspetto estetico e quello concettuale.
Il lavoro Emil Lukas si caratterizza però innanzitutto per il fatto di trovare una sua particolarissima dimensione sul confine tra diverse esperienze artistiche contemporanee. Nelle sue opere il limite tra ciò che è comunemente considerato pittura - o più precisamente “quadro” in senso tradizionale - oppure scultura o installazione, tende a dissolversi fino a quasi scomparire. Il confine tra i diversi generi artistici è costantemente varcato e superato dall’artista, alla ricerca di una dimensione estetica altra, rivolta al risultato finale di un’opera d’arte nel senso pieno del termine.
Ricorrendo all’utilizzo di differenti strumenti e materiali - dalla tela al filo, al legno, fino a prodotti di origine biologica come le larve di piccoli insetti o a materiale di recupero - Lukas dà infatti vita a opere complesse e articolate, difficili da classificare in un solo genere espressivo. Tali lavori trovano piuttosto una loro particolarissima classificazione come opere d’arte a tutto tondo, dove aspetto esteriore e bellezza si armonizzano equilibratamente con il significato profondo e la ricerca concettuale.
Così, se in alcuni luoghi fili sottili si intrecciano fino a creare una tela intricata di colore che muta al mutare della luce, altrove molteplici minuscole larve di insetti creano percorsi di inchiostro e quindi meravigliosi quadri astratti. Ciò che abbiamo di fronte ai nostri occhi appare a prima vista come un quadro, appeso alla parete e esposto al nostro sguardo sotto una particolare luce. Ma se ci avviciniamo, la prospettiva cambia radicalmente: ciò che stiamo osservando è un’opera che attraversa tutta la dimensione spaziale e che ci invita a soffermarci sui particolari con attenzione.
In altre parole, ciò che a prima vista appariva come un semplice quadro deve quindi essere pensato e visto come un lavoro tridimensionale, da godere e da considerare nella sua interazione con lo spazio e il fruitore, proprio come accade per una scultura classica, o per una più moderna installazione poverista. Per Lukas la superficie della tela è il lavoro in senso proprio. Essa si qualifica concettualmente in tutto e per tutto come “luogo” dello svolgersi dell’operare artistico. Davvero, si potrebbe in questo caso si può concordare con la famosissima affermazione di G.W.F. Hegel: qui non c’è nulla di più profondo della superficie.
Ad esempio, come si è detto, le opere della serie Larva Paintings sono realizzate con piccole larve di mosche intinte nell’inchiostro che si muovono liberamente sulla tela, letteralmente dipingendo esse stesse il quadro con i loro percorsi inattesi. A prima vista crediamo di avere di fronte a noi un comune quadro astratto, ma a ben guardare scopriamo di stare osservando nient’altro che il cammino compiuto dalle larve per crescere e moltiplicarsi, depositare le loro uova e infine trasformarsi in insetti o morire. Le piccole larve sono però prigioniere dell’opera, forzatamente costrette a disegnare con la loro vita e la loro morte un disegno, che ora ci appare drammaticamente bello.
I lavori che compongono la serie nominata Thread Paintings sono invece finemente creati con migliaia di piccoli e leggeri fili intessuti l’uno sull’altro. I fili sono intrecciati lentamente e con infinita precisione, a creare orditi, trame e giochi di luce interminabili e intensissimi. Le opere della serie Bubble wrap works sono invece realizzate calcando fogli di pluriball nel gesso o nella resina e poi colorandoli in maniera variegata, con tinte accese e vivaci.
In ogni tipologia di lavoro, l’effetto è sempre sorprendente. Soprattutto nel gioco di tessitura e intelaiatura pare poter scorgere un delicato e poetico aspetto spirituale del lavoro, che appare come sottopelle, in maniera discreta e coerentemente non urlata.
Come si è detto i lavori di Lukas sono infatti dotati di una particolare intensità concettuale. E se la mescolanza tra generi dal punto di vista stilistico e compositivo ha come risultato il collocarsi delle opere al di là delle consuete distinzioni tra quadro, installazione o scultura, dal punto di vista concettuale il limite da varcare è ben diverso e più profondo Si tratta del confine invisibile che separa la vita dalla morte organica, l’anima o lo spirito dalla materia “sorda”. tutto ciò avviene in queste opere in uno splendido e intensissimo intrecciarsi fisico e materiale di fili, percorsi, colori, in un movimento armonico e ripetitivo che pare così alludere ad una spiritualità istintiva e profonda.

Tutto questo è reso possibile anche grazie ad un’altra caratteristica dell’operare artistico di Lukas. Nei suoi lavori è sempre volontariamente reso evidente il procedimento con il quale essi sono stati generati e creati. Il processo, la genesi dell’opera, ossia il come il lavoro è fatto, appare qui importante quanto il risultato stesso. L’esito del lavoro, in altre parole, è anche e soprattutto il percorso compiuto dall’artista per realizzarlo.
Conoscere il metodo applicato dall’artista per ottenere l’effetto finale è dunque fondamentale per capire l’opera stessa e ciò comporta alcune conseguenze. Da un lato il lavoro nasce da un fare paziente, lento, ripetitivo, che ha le caratteristiche di un mantra, ricordando un’antica preghiera o una cerimonia rituale che induce alla meditazione. Un otium molto saggio e profondo, che nasce da un (saper) fare paziente e preciso, calmo. E ciò in netto contrasto con il modo di vivere dell’odierna civiltà occidentale. Ma, d’altro canto, l’attenzione all’aspetto “genetico” dell’opera d’arte assume, dal punto di vista dell’autore, anche un significato nel senso fisico scientifico. Essa ha infatti a che fare con l’atto di generare una realtà attraverso la ripetizione paziente di una serie di gesti, o, nel caso delle larve, tramite l’osservazione della vita e della morte e quindi del tempo che tra esse intercorre, che le genera e da cui è generato. Così, il procedimento di creazione di una nuova realtà in questi lavori avviene spesso per accumulazione o sedimentazione, attraverso la ripetizione di un gesto o di un accumulare monotono e costante.
Anche per questa ragione la visione di un’opera di Lukas non può avvenire in maniera veloce o distratta: i suoi lavori non mostrano – come invece spesso accade - stereotipi facilmente digeribili, facili provocazioni, ironie del caso, o altro. Qui il lavoro ha una qualità estetica semplicemente affascinante: è bello nel senso profondo e reale del termine. Ma nel contempo è denso di significati concettuali ed esistenziali. Esso si configura sempre come una sorta di percorso introspettivo che passa attraverso il farsi dell’opera, il lavoro, le cose che ci circondano, per giungere, infine, a scrutare con dolcezza nei recessi della nostra stessa anima.

INTERVISTA A EMIL LUKAS
Maria Cristina Strati: Il tuo lavoro è a metà strada tra pittura, installazione e scultura. A un primo sguardo le tue opere sembrano normali dipinti o quadri, ma in un secondo momento, a uno sguardo più approfondito, si scopre che sono realizzati con materiali diversi dalla pittura, che hanno diverse qualità. Devono essere percepiti come oggetti tridimensionali. Pensi che in questo senso il tuo lavoro sia più vicino alla scultura o all’installazione?
Emil Lukas: Sì perché nel mio lavoro c’è qualcosa da scoprire che va ben oltre l’Immagine (l’artista lo scrive maiuscolo, ndr) ed è molto più grande di essa.
Alcune di queste scoperte hanno a che fare con la possibilità di mutare la percezione di un materiale comune. Il cambiamento è spesso un procedimento che ha a che fare con un’invenzione strutturale o fisica.
MCS: Alcuni dei tuoi lavori hanno a che fare con prodotti biologici. Per esempio I lavori della serie Larva paintings sono fatti con (o si potrebbe dire: fatti da!) piccole larve di insetti, ma a prima vista appaiono come tradizionali dipinti astratti. Come crei l’effetto finale di questi lavori? Qual’è l’idea concettuale che vi soggiace?
EL: I lavori della serie Larva Paintings prendono le mosse dal profumo unico della morte. Questo odore attira le mosche che sono in cerca di un luogo dove depositare le loro uova, per dare continuità alla vita della specie. Il risultato finale del dipinto è generato da inchiostro e pittura su tela che suggeriscono una profondità attraverso una serie di sovrapposizioni.
Nella realizzazione di questi dipinti è cruciale la chimica della superficie, l’umidità, la luce e il colore, tutto ciò in relazione al ciclo vitale della mosca. L’idea è semplice: la vita, la morte, e alcune cose tra l’una e l’altra…
MCS: Ci racconti qualcosa su i lavori della serie Thread Painting? Come nascono questi lavori? Qual’è il loro concetto fondamentale?
EL: I lavori della setrie Thread paintings sono realizzati mediante il ricorso a leggeri fili colorati sovrapposti e accumulati in maniera strutturale, fino a creare un particolare effetto ottico.
L’idea trova le sue radici nella ricreazione fisica di un evento dell’infanzia che coinvolge tutti i sensi: il tatto, l’udito e la vista in una sorta di visione complessiva… Parte di questa ricreazione ha a che fare con la luce e la bellezza quando l’opera è vista da una certa distanza, e con il conflitto e l’aggressività quando questa è vista da vicino…
MCS: I Thread Painting sembrano avere anche qualcosa a che vedere con un modo aprticolarmente attento, preciso e curato di realizzare un’opera d’arte. Penso si tratti di un lavoro molto lungo, che richiede grande pazienza al fine di ottenere il risultato finale che vediamo. Ho l’impressione che questa idea di realizzare qualcosa con lentezza e pazienza abbia a che fare con un contenuto spirituale, in contrasto con il comune modo di pensare di oggi… è un’impressione corretta?
EL: Sì, è un’impressione corretta. Devo dire che io non conosco moltissimo le diverse tradizioni di preghiera e meditazione. Ma sento che questa ripetizione, questa pratica, è stata ed è centrale nel mio lavoro. Ha a che fare con una forma di spiritualità, anche se non saprei definire di che tipo! L’idea è anche connessa alle leggi della fisica: realizzando questi quadri io vado con il filo avanti e indietro, tutto intorno, e poi ancora avanti e indietro e intorno, collocando ogni filo al suo posto, e questo va avanti anche per settimane.
Mio figlio “Jack” conosce questo argomento perché lo studia all’Università, e una volta mi ha detto: “papà di sicuro se continui così prima o poi capita qualcosa”. I sento che qualcosa è accaduto quando vedo il quadro completato.



MCS: Chi sono secondo te gli artisti più interessanti della nostra epoca? Quali sono i lavori che preferisci e perché?
EL: I lavori che mi hanno influenzato maggiormente sono ovviamente legati a Zero, l’arte povera, Not Vital (specialmente i disegni), Tony Feher e artisti americani affermati come Heizer e Gordon Matta Clark.
Ad Art Basel Miami Beach quest’anno ho visto una incredibile video installazione di Isaac Julien al Bass Museum. Ciò che mi affascina in questi lavori è che essi narrano la storia di come sono stati realizzati, oltre a molte altre cose interessanti.

pubblicato su Juliet n. 152, aprile - maggio 2011