Ad Amsterdam, per le antiche scale...


Qui di seguito trovate il mio testo per la mostra di Silvio Zangarini Deserti di Pietra and other Stories che inaugurerà all'Istituto Italiano di Cultura dei Paesi Bassi, ad Amsterdam, il prossimo 12 aprile

Silvio Zangarini, Spirale, 2010


In occasione dell’esposizione personale presso l’Istituto Italiano di Cultura di Amsterdam, Silvio Zangarini propone lavori estratti da due progetti diversi. Oltre alle piazze di Deserti di Pietra - già presentate in mostre personali precedenti a Copenhagen, presso l’Istituto Italiano di Cultura, e a Reggio Emilia –  sarà qui possibile vedere anche alcuni lavori della serie Vertical Shift.
In quest’ultimo progetto Zangarini ha fotografato le scale di luoghi di grandissimo interesse artistico e culturale, come ad esempio i Musei Vaticani o la Chiesa di San Lorenzo a Torino, riprendendo le immagini  con un particolare espediente tecnico che le rende simili a un disegno di Escher.
In entrambi i progetti Zangarini procede in un modo analogo: scatta una serie di immagini, come a far scorrere lo sguardo in senso verticale (Vertical Shift) o orizzontale (Deserti di Pietra), per poi ricomporle in un’unica visione. La veduta appare così letteralmente “squadernata”, completamente esposta alla vista di chi osserva. Questa modalità compositiva ha conseguenze sia dal punto di vista tecnico, sia da quello teorico e del contenuto.
In Deserti di Pietra soggetto e argomento del progetto è la nozione di piazza, che nella nostra epoca spesso e volentieri perde la sua funzione sociale e aggregativa.  Al posto del contatto reale e coinvolgente, vis à vis, predominano modi di relazionarsi sempre più lontani dall’esperienza diretta e dalla percezione concreta e personale.
Ma il gioco con la percezione, con le dimensioni e il loro essere plastiche, malleabili e plasmabili è una cifra fondamentale del lavoro di Zangarini anche per i lavori della serie Vertical Shift.
In entrambi i casi, dal punto di vista visivo e compositivo, le immagini ricordano ambienti metafisici alla De Chirico. I luoghi appaiono sempre vuoti, privi di ogni presenza umana: ma soprattutto, le immagini sono volontariamente dilatate, trasformate, distorte, fino a rendere i paesaggi irriconoscibili, secondo un atteggiamento compositivo intenzionalmente straniante da parte dell’autore. Ogni linea si piega, per poi spiegarsi, dipanarsi e infine ripiegarsi si dipana su se stessa mille volte, in modo all’arte barocca secondo Deleuze nel suo testo sulla filosofia di Leibniz.
Ovunque dominano linee curve e forme ripetute, ridondanti: quasi come se l’immagine rendesse conto dell’eco di una voce che risuona, sola in un vuoto deserto urbano o nelle sale di un antico palazzo. Si tratta però di un vuoto creativo, che nasce al placarsi del movimento forzato e confuso della quotidianità, per alludere  insieme ad una realtà altra, a un desiderio o forse ad un’assenza. 

Silvio Zangarini, San Lorenzo, 2011

Linee che parevano staticamente geometriche in queste immagini si susseguono, si inseguono, quasi fossero alla ricerca di qualcuno, una persona, una traccia. Qualcosa che forse è stata o forse no.
Può darsi che quando cade il silenzio, l’anima della città si ridesta, di notte. Le piazze palpitano, vivono e trattengono i sogni. O al contrario li lasciano scorrere lungo le loro fibre più profonde, dando loro vita e respiro. Qual è la vita segreta delle nostre piazza cittadine quando di notte si svuotano? Quali spiriti abitano le sale e le scale dei monumenti storici delle nostre città? Quali visioni?
Il lavoro di Silvio Zangarini pare accennare a una verità fantasiosa, forse un po’ magica, ma molto concreta e vivida. Nei suoi lavori si legge un invito cordiale e sincero a ripopolare le piazze e i luoghi della nostra tradizione culturale, rendendoli di nuovo pieni di gente, voci, persone, e soprattutto molta vita. Insomma, luoghi riconoscibili perché in essi è possibile riconoscersi.

Maria Cristina Strati

per le immagini courtesy Silvio Zangarini